martedì 27 novembre 2012

Game over

Mio padre è stato un operaio metalmeccanico per 40 anni.
All'inizio, negli anni 70, ha lavorato presso una piccola azienda cittadina del paese dove tutt'ora vivono i miei (facendo vertenza perchè non venivano pagati nè gli stipendi nè straordinari, senza avere un minimo di quello riconosciuto per legge) sfidando l'omertà che spesso attanaglia la categoria operaia con la logica del "almeno lavoro" e "se lo faccio poi non mi assumerà più nessuno"; poi è passato alla Simi (una piccola azienda collegata all'indotto di quella che all'epoca era Italsider) e poi, con la privatizzazione di quest'ultima, è stato ricollocato all'interno dell'Ilva.

Ricordo il mese di cassa integrazione di mio padre: era nervoso, non dormiva mai e si chiudeva in silenzi assordanti.

Mio padre era un operaio metalmeccanico specializzato, eseguiva le saldature sui laminati piani ma anche all'interno degli impianti (una volta, in turno di notte, sono saliti a 32 metri a saldare una parte dell'altoforno).
Quelle tute blu me le ricordo molto bene, ogni 3 mesi dovevamo cambiare la lavatrice, perchè portava a lavare le tute a casa e il ferro depositatosi sopra le usurava.
Io sono cresciuta non con le logiche di partito, in casa mia si educava alle logiche del lavoro: c'erano i doveri e c'erano i diritti di un lavoratore.
A noi non c'ha mai regalato nulla nessuno, nè siamo andati mai in giro a sorridere alle persone e a promettere le stelle pur di ottenere un voto.
Come la mia famiglia, tante, tantissime altre sono famiglie cosi.
Ad oggi vedere le immagini relative alla chiusura dell'Ilva mi riportano indietro di 20 anni.
E mio padre che oggi è in pensione ancora cerca di spiegarmi ed educarmi ad un diritto/dovere del lavoro: nonostante la perdita dell'udito all'orecchio destro riconosciuta come danno lavorativo, nonostante un infarto, nonostante 16 anni di lavoro con l'amianto.
E non era un lavoro d'ufficio, tanti compagni di lavoro, c'hanno rimesso la vita: per la scarsa sicurezza, per la stanchezza dei turni detti "ballerini", e tanti altri dopo poco tempo dalla pensione per tumori, infarti e malattie neurodegenerative.
A tal proposito chiariamo anche una cosa: l'ilva di taranto non è un'industria metalmeccanica, è un industria siderurgica: se non sapete la differenza andate ad informarvi e prendete coscienza con i vostri occhi dell'opera di svendita attuata verso la zona di taranto e verso i tarantini stessi.

Io non considero mio padre un eroe, lo considero un cittadino e un lavoratore modello: uno che non si è mai risparmiato, ha sempre pagato fino all'ultimo centesimo di tasse e che non ha mai trovato l'escamotage per averne un vantaggio personale.
Ad oggi a tutti coloro che lottano per il posto di lavoro e per la tutela ambientale va la mia stima e la mia gratitudine, perchè questa è la strada per costruire un futuro migliore.

E qua ancora si parla, di cazzate.

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